Per un nuovo Welfare – Lettera al Presidente Mario Draghi

Al Presidente del Consiglio dei Ministri Prof. Mario Draghi

p.c. 

Al Ministro per la Transizione Ecologica Prof. Roberto Cingolani

Al Ministro delle Politiche Sociali On.le Andrea Orlando

Al Ministro della Salute On.le Roberto Speranza

Al Ministro della Giustizia Prof.ssa Marta Cartabia

Al Ministro dell’Istruzione Prof. Patrizio Bianchi

Al Ministro per le Politiche Giovanili On.le Fabiana Dadone

Al Ministro per le Pari Opportunità e le Politiche per la Famiglia On.le Elena Bonetti 

Alla Ministra del Sud e della Coesione Territoriale On.le Mara Carfagna

Al Ministro dello Sviluppo Economico On. Giancarlo Giorgetti

Al Ministro dell’Economia e delle Finanze On. Daniele Franco

Al Ministro dell’Interno On. Luciana Lamorgese

Al Ministro della Difesa On. Lorenzo Guerini

Al Ministro per le Disabilità On. Erika Stefani 

Al Presidente Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati 

Al Presidente della Commissione Affari Sociali del Senato 

Al Presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati

 Al Presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato

Illustrissimo Signor Presidente,

come Rete Per un Nuovo Welfare, composta da oltre cento associazioni ed enti della società civile italiana, il 23 febbraio 2021 Le abbiamo scritto un accorato appello perché il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza potesse contenere gli elementi di un “nuovo welfare”. 

In particolare, abbiamo chiesto alla sua Presidenza di considerare alcune priorità del paese in cui anche noi avremmo potuto offrire il nostro apporto, sia in termini di contenuti che di visione.

Le priorità che all’epoca abbiamo suggerito erano le seguenti:

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Abbiamo apprezzato lo sforzo della Sua Presidenza di offrire nel documento “Italia Domani” una lettura molto attenta alle criticità strutturali del nostro Paese in materia di digital divide, di riconversione ecologica delle fonti di energia e dell’economia, del divario infrastrutturale tra Nord e Sud, di fondi per la ricerca e la povertà educativa, per la coesione sociale e per la sanità diffusa, all’interno delle sei missioni del predetto documento.

Dobbiamo però evidenziare che, nonostante la perfetta sintonia nella diagnosi delle nostre problematiche antiche e moderne, non ci siamo ritrovati nelle visioni che sottendono alle riforme ed agli investimenti previsti per far fronte alla ripresa ed alla resilienza.

Poco o nulla si è fatto in merito a quelle nostre dieci proposte che erano, anch’esse, frutto di studi approfonditi e di altrettanta lettura dei ritardi e delle criticità del Paese. 

Abbiamo salutato con gioia la programmazione delle 1288 Case della comunità su tutto il territorio nazionale all’interno della missione 6, ma non possiamo non lamentare che l’assenza di una programmazione in materia di co-progettazione personalizzata con il metodo del Budget di Salute impoverisce ogni riforma in materia di presa in carico delle vulnerabilità sociosanitarie dove le determinanti sociali, culturali, economiche, ambientali, biologiche, istituzionali e politiche influiscono sul destino delle persone, famiglie e comunità. 

Sappiamo con certezza che la salute è fondata in termini organizzativi sul sistema di welfare e ha il vincolo sottaciuto della salute mentale al punto di poter affermare che non c’è salute senza salute mentale definito prodotto di “leben und arbeiten”. 

La transizione ecologica non è pensabile fuori dall’ecologia della mente, del sociale, dell’ambiente e delle istituzioni. Le case di comunità sono il concreto stimolo alla personalizzazione (persona-famiglia-habitat) della comunità che cura e produce ricchezza redistributiva; sono l’occasione per riconvertire in investimenti sul diritto al lavoro, alla casa e alla affettività le risorse destinate alla produzione dello scarto conveniente a breve termine (l’istituzionalizzazione), che impoverisce il capitale sociale e ambientale delle Comunità. 

Il rischio, in particolare nel Sud Italia, è di dar vita a nuovi edifici e a nuove entità burocratiche che aggiungono servizi, ma non trasformano il welfare assistenziale/istituzionale e tendente alla “separazione” in un welfare autenticamente generativo. 

Sarebbe auspicabile in tal senso un’intesa innovativa per la ripresa funzionale e di scopo degli edifici dismessi dell’immenso patrimonio ecclesiastico italiano, la finalizzazione operativa dei beni confiscati alla criminalità organizzata e i beni comuni abbandonati non solo limitando ogni nuova costruzione e finanziando gli investimenti di tipo infrastrutturale, rigenerativo e materiale, ma soprattutto collegando l’investimento dei Budget di Salute delle progettazioni personalizzate alle infrastrutture immateriali e al capitale sociale che potrebbero dare nuova vita a quei beni, contribuendo fattivamente al miglioramento dei contesti di vita e dell’ambiente circostante. 

Giace alla Commissione parlamentare “Affari sociali” la Proposta di Legge sui Budget di Salute presente come sperimentazione necessaria nel decreto rilancio e portata avanti con successo in molte Regioni: chiediamo la calendarizzazione dell’iter della legge sui Budget di Salute.

Abbiamo apprezzato la grande attenzione posta al tema del lavoro e della riforma dei Centri per l’Impiego, così come condividiamo l’urgenza degli investimenti per il matching tra domanda e offerta di lavoro tra i mondi dell’Istruzione secondaria e della Ricerca e Domanda di Lavoro dei sistemi industriali ed imprenditoriali, nella missione 4, ma non possiamo non evidenziare che, in assenza di un chiaro strumento di collegamento tra Reddito di Cittadinanza e nuove forme

innovative dell’imprenditorialità civile per le aree interne e le piccole comunità, i Sistemi di Lavoro che verranno generati grazie al PNRR seguiranno e causeranno a loro volta il continuo spopolamento delle piccole comunità verso i grandi centri industriali esistenti e le aree già maggiormente servite dalle infrastrutture viarie e digitali. 

Il Budget di salute ambientale dell’agroalimentare e dell’allevamento e quello Educativo, finalizzati alla inclusione delle fragilità personali socio-familiari, dell’habitat ed educative sono gli sperimentati strumenti per la tenuta e il rilancio delle comunità locali. Sappiamo che sarà nel “locale” che si giocherà la partita del risanamento ambientale compresa la riconversione della CO2.

Insistiamo con il proporre il sostegno alla cooperazione di comunità e all’imprenditoria civile come forma di resilienza e di innovazione per il matching tra politiche dello sviluppo economico, politiche della transizione ecologica e politiche sociali. 

Insistiamo nel sostenere che dal Reddito di Cittadinanza non bisogna andare indietro, ma in avanti, per un migliore dialogo tra welfare, vocazioni personali, storie familiari e territorio.

All’interno del capitolo 2 del documento “Italia Domani” ci sembra incredibile non trovare alcun accenno alla urgente riforma dell’Ordinamento Penitenziario nell’ambito della programmata “Riforma della Giustizia” anche attraverso la valorizzazione delle molteplici esperienze virtuose di lavoro dei detenuti in carcere e in specie fuori dal carcere, nonostante si ponga tra le finalità principali della stessa l’obiettivo di “Porre le basi per una reale lotta alla recidiva che ponga al centro la rieducazione e l’inserimento sociale dei soggetti inseriti nel circuito penitenziario”. 

La Proposta di Legge sui Budget di Salute di comunità prevede i Budget di Salute per le persone detenute finalizzati alla compresenza del diritto alla pena e del diritto alla riabilitazione.

Di fatto, l’intero documento non dice nulla in materia di potenziamento delle misure alternative alla pena detentiva e di esecuzione personalizzata delle misure penali. 

“Italia Domani” non fa alcun riferimento al dato che la popolazione carceraria attuale sia costituita per il 33% di persone extracomunitarie che nella maggioranza dei casi scontano pene inferiori ai quattro anni di detenzione e che per circa il 29% dei detenuti è presente una diagnosi di “assunzione di sostanze stupefacenti” o comunque un comportamento criminale collegato alle dipendenze patologiche. Né dice alcunché in materia di coesione sociale e di povertà educativa sul fenomeno allarmante della diffusione pervasiva della cocaina in tutte le fasce di età.  Così come urge un intervento che assicuri finalmente percorsi terapeutici e riabilitativi fuori dal carcere dei detenuti pazienti psichiatrici.

Per queste ragioni, riteniamo doveroso prevedere da subito un cammino proficuo di riforma sulla scia dei disegni di legge approntati nella cosiddetta “Riforma Orlando”, che ribaltava il rapporto tra pene detentive e pene alternative, considerando centrali queste ultime e residuali le prime.

Sia il capitolo delle riforme che quello della programmazione in materia di lavoro e di coesione sociale non prevedono alcuna riflessione organica in materia di diritti di “cittadinanza”. 

I cittadini extracomunitari, che oggi costituiscono una parte fondamentale del Paese sia in termini di welfare che di sviluppo economico, non riescono ad ottenere la cittadinanza italiana attraverso le regole del diritto già in essere nei paesi europei più sviluppati, ius soli o ius culturae, ma solo in base alla effettiva permanenza sul nostro territorio con sistemi anacronistici legati alla longevità dei contratti di lavoro e alla durata dei matrimoni. 

Eppure i dati ISTAT sul nostro inverno demografico, riportati ampiamente da Italia Domani, sono molto chiari:

“Il numero di nuovi nati nel 2020 è stato il più basso mai registrato dall’unità d’Italia: solo 404 mila bambini, 16 mila in meno del 2019, secondo una tendenza di progressiva denatalità che si osserva a partire dalla seconda metà degli anni ’70. Una società che invecchia è meno innovativa e meno capace di affrontare il futuro. Una nuova strategia di politiche per i giovani e per l’infanzia è cruciale per invertire il declino di fecondità e natalità”.

Ipotizzare di rispondere a questo inverno solo con il miglioramento dei servizi per la prima infanzia e delle politiche familiari significa non avere contezza del dato antropologico, pedagogico e culturale in cui siamo immersi: una chiara tendenza non generativa delle relazioni sociali in cui anche la “non accoglienza” degli stranieri è una faccia della stessa medaglia. 

Chiediamo, dunque, che il PNRR spinga a mettere all’ordine del giorno del presente e dei prossimi governi la riforma dei diritti di cittadinanza consentendone l’acquisizione per nascita o per riconoscimento culturale, non potendo aspettare che altre generazioni vengano a salvarci dal nostro inverno se non sapremo trattenere quelle che passeranno di qui, provenienti da altri paesi. In questa direzione deve essere intesa la necessità di investire nel SAI, Sistema di Accoglienza Integrazione, almeno nella stessa misura in cui un paese forte come la Germania oggi investe, passando dai circa 3 miliardi di euro ai circa 20 miliardi di euro per questo asse decisivo del futuro.

Riteniamo assolutamente centrale per il futuro del paese la lotta alla povertà educativa e riteniamo importanti gli investimenti in tal senso appostati dal PNRR. 

Vediamo con perplessità la confusione dei diversi avvisi e bandi di progettazione: sarà urgente capitalizzare e tesaurizzare l’esperienza di successo dell’Impresa “Con I Bambini” per continuare a finanziare in un’unica modalità gli interventi in tutto il territorio nazionale; bisognerà uscire dalla logica precaria delle progettualità extra scolastiche e garantire ad ogni Scuola la possibilità di investire risorse economiche per costruire percorsi formativi personalizzati per il contrasto alla povertà educativa nella forma dei Budget Educativi e dei Patti Educativi Territoriali.

Siamo molto critici rispetto alla “nicchia” in cui il PNRR ha collocato sia l’agricoltura biologica che l’agricoltura sociale, nonostante i buoni propositi dichiarati in premessa, le associazioni firmatarie del presente appello, molte delle quali sono riunite anche nella coalizione #CambiamoAgricoltura, hanno sanzionato ultimamente la grande latitanza del Ministero della Transizione Ecologica all’interno della strategia nazionale per la nuova PAC, dove sembrano del tutto ha dimenticati sia il Green Deal che le Strategie UE “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030”. Del budget di salute ambientale dell’agroalimentare e allevamento si è già detto e si sottolinea la necessità è quella di mettere insieme e riconvertire le fragilità umane, famigliari sociali con quelle ambientali e della produzione agroalimentare ed investire sul loro riscatto.

Nel documento “Italia Domani” non si fa alcun riferimento a criteri sociali minimi (es. introduzione nelle mense scolastiche e del resto della PA di prodotti “liberi da caporalato”) ai Criteri Ambientali Minimi nelle filiere agroalimentari appaltate dalla PA, né vengono collegate le pratiche biologiche alle pratiche della transizione ecologica, riservando all’agricoltura biologica lo spazio di mercato che la stessa riuscirebbe a ritagliarsi anche senza l’intervento del governo centrale e dei governi regionali, in un’operazione inconcludente di greenwashing pubblico. 

Chiediamo che la pratica dell’agricoltura biologica e delle filiere corte siano al centro di un vero rinnovo dei sistemi produttivi e di approvvigionamento favoriti dalla Pubblica Amministrazione e dai finanziamenti della PAC.

Il Pagamento dei Servizi Ecosistemici (PES) è stato previsto all’art. 70 della Legge 28 dicembre 2015, n. 221, ma poi non è mai entrato concretamente in vigore per via della mancanza dei decreti attuativi.

La norma mirava a risolvere in modo innovativo il rapporto compensativo tra territori “produttori” di salute per l’ecosistema e territori che lo divorano. Attraverso la bilancia dei pagamenti la legge prevedeva la possibilità di ristabilire un più giusto equilibrio economico tra le popolazioni che sono impegnate a conservare l’ecosistema e coloro che con i propri stili di vita e di consumo tendono, anche inconsapevolmente, a distruggerlo. 

Anche se in Italia manca ancora una mappatura accurata e condivisa del valore economico dei Servizi Ecosistemici, è una evidenza intuibile che la maggior parte del valore viene generata dagli ecosistemi e dai territori delle Aree Interne (AI). In particolare, è stato stimato (Borghi 2017) che i 2/3 del valore dei SE prodotti a livello nazionale sia localizzato nelle AI, che rappresentano circa la metà dei Comuni italiani, il 60% della superficie e 1⁄4 della popolazione. 

Allo stesso tempo, la domanda delle Aree Interne non supera un quinto del totale nazionale, con un surplus quindi che indirizza il flusso dei Servizi Ecosistemici a favore delle aree urbane e il sistema metropolitano. Eppure il paradosso, che oggi viene confermato nel PNRR, è di un investimento in queste aree strategiche per l’equilibrio ecologico dell’intero paese di soli 85 milioni di euro in un Piano di circa 200 miliardi. 

Il PNRR cita i servizi Ecosistemici una sola volta ed in modo assolutamente carente e improprio, relativamente alla preservazione dei parchi e giardini storici, nella missione1 Componente3 investimento 2.3 “Programmi per valorizzare l’identità dei luoghi”. 

Chiediamo di porre nell’agenda delle riforme del PNRR la conclusione positiva del disegno di legge n.1711 rubricato “Disciplina dei sistemi di remunerazione dei servizi ecosistemici e ambientali”, chiediamo che le aree interne escano da una programmazione che le releghi unicamente ruolo di “isole narrative del Paese” per entrare a pieno titolo nella pianificazione della transizione demografica, digitale ed ecologica, riconoscendo alle stesse il loro compiuto ed autentico valore in termini di peso ecosistemico. 

Nelle aree interne vanno ipotizzate strategie strutturali di resilienza che valorizzino la manutenzione del Capitale Naturale come forma concreta di Economia e non solo attraverso la progettazione e la promozione di aree protette, orientate spesso a narrazioni bucoliche costrette ad essere valorizzate unicamente nei circuiti del turismo esperienziale e lento.

Abbiamo appreso con grande esultanza la vittoria della Campagna italiana contro le Mine che ha portato in Parlamento all’approvazione definitiva della legge “Misure per contrastare il finanziamento delle mine anti-persona e cluster bombs” il 2 dicembre scorso. Non possiamo però ignorare che non è stata avviata alcuna vera riconversione delle centinaia di aziende belliche presenti in Italia in aziende per il bene comune. Chiediamo che il Governo sostenga con fondi precisi la riconversione di industrie belliche (in particolare quelle a partecipazione o controllo statale) in industrie che producano alta tecnologia in campo sanitario.

Sosteniamo con forza l’appello della società civile (l’87% degli italiani è d’accordo) affinché l’Italia firmi e ratifichi il Trattato ONU di proibizione delle armi nucleari o almeno che il Governo italiano partecipi come Stato “osservatore” alla prima Conferenza degli Stati firmatari del Trattato che si terrà a Vienna a marzo 2022.

Ribadiamo, altresì, che per promuovere una cultura di pace ed educare alla nonviolenza sarebbe un segnale importante istituire il Ministero della Pace.

Ribadiamo l’assoluta urgenza di rendere effettivamente Universale il Servizio Civile. 

In una Italia in cui il numero dei NEET rappresenta la cifra più alta di Europa, non possiamo assolutamente prenderci il lusso di far restare in panchina decine di migliaia di ragazze e ragazzi che intendono dare una mano al Paese solo per una mancanza di finanziamenti adeguati.

La Rete dell’Appello “Per un Nuovo Welfare”, dunque, fa suo l’appello di CNESC, CSV.Net, Forum del Terzo Settore, Forum Nazionale del Servizio Civile:

“Ci sono 22.458 opportunità di servizio civile che stanno rischiando di finire nel cestino. Questo l’assurdo dato che emerge dal decreto di finanziamento del prossimo bando di SCU. Infatti, a fronte di 76.639 posizioni valutate positivamente dal Dipartimento Politiche Giovanili e Servizio Civile Universale, risultano stanziate risorse per 54.181 posizioni. Chiediamo alla Ministra Dadone, al Presidente Draghi e al Parlamento di evitare questo colossale spreco. Sono molti i provvedimenti in Parlamento cui il Governo e i gruppi parlamentari possono attingere per trovare i circa 100 milioni necessari per impegnare 76.639 giovani”. La possibile estensione del servizio civile alle persone anziane e alle persone con disabilità sociale ci permetterebbe di cominciare a risalire la china della cultura e dell’economia dello SCARTO e dare un contributo all’incremento della salute mentale delle comunità.

Il PNRR prevede, nella Missione 5, che “L’incremento del numero di giovani che possono accedere al servizio civile, si accompagna a un innalzamento della qualità dei programmi e progetti in cui i giovani vengono impegnati”. Il potenziamento ed estensione del Servizio Civile è una raccomandazione che si ripete spesso nel documento Italia Domani, ma la prima azione posta in essere sembra andare in direzione contraria.

Da ultimo, ma non per ordine di importanza, chiediamo che il Terzo Settore, protagonista in Italia e non solo del paradigma economico altruista in sinergica integrazione con il paradigma economico dell’equilibrio tra opposti interessi, sia collocato nella posizione co-progettuale del PNRR con il Governo e le pubbliche amministrazioni così come prevede la sentenza della Corte Costituzionale n. 131 del 26 giugno 2020. La maggior parte dei Comuni è in grado di rappresentare bene il fabbisogno specifico dell’interesse generale ma non in grado di articolarne le concrete progettualità necessarie. Le case della Comunità e i Budget di Salute-personali-educativi-ambientali-civili sono un concreto punto di partenza per riesaminare le idee e le pratiche inerziali, preconcette, semplificative e nutrire di opere gli artt. 41 e 43 della Costituzione italiana.

Per tutte le ragioni sopra esposte, chiediamo di poter essere ascoltati in maniera puntuale e stabile e responsabile nella futura messa in opera delle riforme e degli investimenti del PNRR negli argomenti e nelle materie che abbiamo richiamato in questo nostro nuovo Appello e per i quali mettiamo a disposizione del Governo e delle diverse Commissioni Parlamentari tutta la nostra energia, le nostre interpretazioni della realtà e le nostre pratiche.

I Firmatari – Reti nazionali

Angelo Righetti, Fondatore della Rete di Economia Sociale Internazionale

Angelo Moretti, Presidente Rete Economia Sociale Internazionale e Presidente Consorzio Sale della Terra

Alberta Basaglia e Maria Grazia Giannichedda, Fondazione Franco e Franca Basaglia

Andrea Mormiroli, Forum Disuguaglianze Diversità, Dedalus 

Giuseppe Romano, Presidente AIAB, Associazione Italiana Agricoltura Biologica

Carlo Borgomeo, Presidente Fondazione con il Sud 

Carlo Borzaga, Presidente Euricse

Don Marcello Cozzi, Presidente Fondazione Nazionale Interesse Uomo, Onlus di Potenza

Don Virginio Colmegna, Presidente Fondazione Casa della Carità

Domenico Pantaleo, Presidente nazionale Auser

Ermete Realacci, Presidente Fondazione Symbola

Ernesto Preziosi, Presidente Argomenti2000

Gabriella Raschi, Presidente nazionale Gruppi di Volontariato Vincenziano – AIC Italia

Giovanna Del Giudice, Presidente Conferenza Salute Mentale Franco Basaglia 

Giovanni Battista Costa e Leonardo Becchetti, NEXT Nuova Economia per Tutti 

Giovanni Paolo Ramonda, Responsabile generale Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII

Gisella Trincas, Presidente UNASAM

Giulio Santagata, Rete di Economia Sociale Internazionale

Ivan Stomeo, Presidente Fondazione Futurae Onlus

Luciano Carrino, Presidente Kip School International

Luigi Scarola, Centro per l’Economia Sociale-Nomisma 

Luigino Bruni ed Elena Granata, Scuola di Economia Civile

Marco Gargiulo, Consigliere Fondazione “Ebbene”

Maria Grazia Guida, Presidente Associazione Amici Casa della Carità

Giuseppe Notarstefano, Presidente Azione Cattolica Italiana

Patrizio Gonnella, Presidente Associazione “Antigone”

Pietro Vittorio Barbieri, Vicepresidente Diversity Europe Comitato Economico Sociale Europeo

Riccardo Bonacina, Fondatore e Coordinatore editoriale di Vita NoProfit

Riccardo De Facci, Marina Galati, Caterina Pozzi, Presidenza CNCA, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza

Emilio Manfredonia, Presidente ACLI 

Rosanna Mazzìa, Presidente Associazione Borghi Autentici di Italia

Salvatore Cacciola, Presidente BioAS, Associazione Nazionale Bioagricoltura Sociale

Sindaci della Rete dei Piccoli Comuni del Welcome 

Stefano Ciafani, Presidente Legambiente Onlus

Stefano Zamagni, Docente 

Vito D’Anza, portavoce nazionale del Forum Salute Mentale

Sybille Righetti e Silvia Jop, Edipo Re

Firmatari – Reti locali

Alessandro Sirolli, Presidente 180Amici L’Aquila

Angela Natoli, Presidente “Incastri creativi”, Palermo

Antonio D’Alessandro, Presidente del Consorzio Parsec

Antonio Sanfrancesco, Presidente Società Cooperativa Sociale FILEF Basilicata

Aloisa Moncada di Paternò, vice Presidente dell’Associazione Palermo Mediterranean Gateway, rigenerazione sociale”

Cesarino Zago, già Direttore del Distretto sanitario 1 di Trieste

Cristina Netto, del Gruppo di ricerca e scientifico sui Budget di Salute di Angelo Righetti

don Giacomo Panizza, fondatore “Comunità Progetto Sud” di Lamezia Terme

don Mauro Frasi, Responsabile Casa Famiglia Caritas del gruppo Reti della Carità

don Paolo Luigi Zuttion, Presidente Associazione di Solidarietà Internazionale Jobel Onlus 

Elena De Filippo, Presidente Cooperativa Sociale Dedalus

Franco Rotelli, Psichiatra già Presidente Commissione Sanità del Consiglio Regionale Friuli Venezia Giulia 

Gaetano Giunta, Segretario generale Fondazione Comunità di Messina

Gianni Tognoni, Dipartimento di Rianimazione ed Emergenza, Università di Milano

Giorgio Marcello, Sabina Licursi, Emanuela Pascuzzi, Dipartimento di Scienze politiche e sociali, Università degli Studi della Calabria

Giovanni De Plato, Psichiatra

Giuseppe La Rocca, Direttore Fondazione di Comunità di Agrigento e Trapani

Leandro Limoccia, Presidente Collegamento Campano Contro le Camorre

Lidia De Sanctis, Associazione “Volontariato Giuseppe Tedeschi” Campobasso

Livia Zaccagnini, Operatrice culturale

Luciana Delle Donne, Ceo Fondeur “Made in Carcere”

Maurizio Bonati, Responsabile del Dipartimento di Salute Pubblica, Istituto di Ricerche Mario Negri, Milano

Michele Petraroia, Presidente ANPI Basilicata

Paola Capoleva, Presidente del CSV Lazio

Paolo Crepet, Psichiatra

Pietro Pellegrini, Direttore Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale Dipendenze Patologiche Ausl di Parma

Salvatore Soresi, già professore ordinario presso il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata Università degli Studi di Padova

Simmaco Perillo, Presidente Consorzio Nuova Cucina Organizzata (NCO)

Suor Aurelia Raimo, Responsabile dell’Ufficio di Progettazione e Sviluppo per l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice della Provincia dell’Italia Meridionale (Campania, Puglia, Calabria, Basilicata), Malta e Albania.

Suor Maria Rosaria Tagliaferri, Presidente Nazionale del CIOFS (Centro Italiano Opere Femminili Salesiane)

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